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Lo studio che collega i vapes alla BPCO viene criticato per i suoi metodi errati

  • I ricercatori italiani sostengono che una recente meta-analisi ha sopravvalutato le prove che collegano il vaping alla BPCO.
  • Secondo i ricercatori, la maggior parte degli studi non ha tenuto conto della storia del fumo, la causa principale della BPCO.
  • I critici sottolineano la “causalità inversa”, per cui le persone affette da BPCO potrebbero iniziare a fumare dopo la diagnosi.
  • Chiedono che le ricerche future si basino su dati longitudinali e che evitino disegni trasversali fuorvianti.

Una meta-analisi che sostiene che i consumatori di vape corrono un rischio maggiore di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è stata messa sotto accusa dai ricercatori del settore respiratorio, che affermano che i metodi dello studio sono errati e le sue conclusioni fuorvianti.

La revisione originale di Shabil et al. ha riunito 17 studi osservazionali e ha concluso che sia l’uso attuale che quello precedente di vape sono associati a un aumento del rischio di BPCO.

Tuttavia, in una risposta molto dura, tre accademici italiani sostengono che i risultati si basano su “difetti metodologici e concettuali critici” che rischiano di confondere la riduzione del danno con la creazione del danno.

Nella loro lettera, Lucia Spicuzza, Francesco Pennisi e Giulio Geraci, dell’Università di Catania, affermano che l’analisi non ha controllato correttamente il fumo di sigaretta, che è “la causa predominante della BPCO”.

I ricercatori sostengono che la maggior parte degli utilizzatori di vape sono fumatori o ex fumatori, il che rende “altamente probabile” che qualsiasi associazione tra vaping e BPCO “rifletta gli effetti dell’uso di sigarette combustibili piuttosto che l’uso di sigarette elettroniche di per sé”.

Confusione del fumo e confronti mancanti

Gli autori notano che pochi degli studi inclusi sono stati aggiustati per variabili chiave del fumo come i pack-years (una misura che combina la quantità e la durata del fumo), l’età di inizio del fumo o gli anni trascorsi dall’abbandono. Questi sono tutti fattori critici per il rischio di BPCO. Inoltre criticano la mancanza di un confronto diretto tra i consumatori di vape e i fumatori di sigarette.

“Senza un confronto tra il rischio dell’uso delle sigarette elettroniche e quello del fumo di sigaretta, l’analisi non può fornire informazioni significative o equilibrate”, scrivono.

Causalità inversa e problemi di progettazione dello studio

Un altro grave difetto, sostengono gli autori, è la mancanza di dati sul momento in cui i partecipanti hanno sviluppato la BPCO rispetto a quando hanno iniziato a svapare. Gli autori citano ricerche precedenti che dimostrano che gli studi trasversali, che misurano l’esposizione e la malattia nello stesso momento, possono creare false associazioni se le persone con BPCO preesistente passano al vaping dopo la diagnosi.

“Questa causalità inversa produce un’associazione spuria in cui l’uso di sigarette elettroniche appare collegato alla BPCO, quando in realtà la BPCO ha preceduto l’esposizione”, osservano, citando il lavoro di Rodu e Plurphanswat.

In particolare, il team italiano sottolinea che la stessa meta-analisi ha riportato un’associazione minore e statisticamente insignificante negli studi di coorte longitudinali rispetto a quelli trasversali. Si tratta di una scoperta cruciale”, scrivono, “perché gli studi di coorte stabiliscono meglio la causa e l’effetto”.

Risultati non plausibili e definizioni incoerenti

Gli autori segnalano anche quelli che definiscono risultati “biologicamente poco plausibili”. La meta-analisi ha riportato un odds ratio più alto per gli ex consumatori di vape rispetto ai consumatori attuali. Questo è l’opposto di ciò che ci si aspetterebbe se il vaping causasse la BPCO.

“Questo schema è del tutto coerente con un confondimento residuo da parte del fumo di sigaretta”, sostengono i ricercatori, poiché molti ex vapers potrebbero essere tornati a fumare o non aver mai smesso completamente con le sigarette.

Altri problemi includono la sovrapposizione di set di dati, che può portare a un doppio conteggio dei partecipanti, e definizioni incoerenti di cosa si intende per uso corrente, precedente o mai fatto. Molti studi si sono basati su diagnosi di BPCO auto-riportate, introducendo bias di richiamo e potenziali errori di classificazione.

“La revisione omette anche una valutazione dettagliata del rischio di pregiudizio”, scrivono gli autori, definendo tale omissione “una grave debolezza viste le carenze ben documentate in questo campo”.

Nessuna evidenza di rischio tra i non fumatori

Spicuzza e colleghi sottolineano che tra le persone che non hanno mai fumato non ci sono prove che l’uso del vape aumenti il rischio di BPCO. Citano una revisione sistematica del 2025 di Caci et al. che non ha rilevato effetti respiratori significativi nei fumatori che non hanno mai fumato.

Inoltre, i ricercatori fanno notare che una “revisione generale” – considerata il più alto livello di evidenza – non ha rilevato cambiamenti a breve o medio termine nella funzione respiratoria per qualsiasi modello di utilizzo del vape.

Affermazioni causali “fuorvianti

Nelle loro conclusioni, gli autori mettono in guardia dal trarre conclusioni forti da queste evidenze imperfette. “Il confondimento residuo, la causalità inversa, i modelli biologicamente non plausibili e la sovrapposizione dei dati indeboliscono sostanzialmente le associazioni riportate”, scrivono.

“Al massimo, dimostra che molti pazienti affetti da BPCO hanno usato le sigarette elettroniche – un dato che si spiega più plausibilmente con la storia di fumatore e con il comportamento di chi ha cambiato abitudine piuttosto che con i danni delle sigarette elettroniche”. Trarre conclusioni causali da questi dati, aggiungono, “è come affermare che la terapia sostitutiva della nicotina causa la BPCO perché molti pazienti l’hanno usata”.

Gli autori chiedono una maggiore integrità metodologica nelle ricerche future e un’interpretazione più cauta dei risultati. Invitano i ricercatori a concentrarsi su dati longitudinali, a controllare esplicitamente i fattori confondenti e a evitare di interpretare in modo eccessivo le associazioni.

La corrispondenza, “Reassessing the link between e-cigarette use and COPD: addressing critical methodological and conceptual flaws” (Rivalutare il legame tra l’uso di sigarette elettroniche e la BPCO: affrontare i difetti metodologici e concettuali), è pubblicata ad accesso libero su npj Primary Care Respiratory Medicine.

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